Di tutto un po'......

giovedì 8 novembre 2018

                             LO SCHIACCIANOCI E I QUATTRO REGNI

Dal profano al sacro: in questa direzione si muovono Lasse Hallstrom e Joe Johnston nell'ultima interpretazione cinematografica di uno dei grandi classici del balletto, Lo Schiaccianoci di Cajkovskij.
Il binomio sacro-fantasy vanta un'illustre tradizione letteraria che annovera titoli come Il Signore degli Anelli e Le Cronache di Narnia , dal quale il film di Hallstrom e Johnston trae anche altri spunti:al favoloso mondo dei Regni non si arriva per incanto come nel balletto, ma attraverso uno strano corridoio che ricorda l'armadio di C.S.Lewis e il paesaggio che attende dall'altra parte è quasi identico a Narnia. La giovane Klara vi giunge guidata dalle indicazioni di Drosselmeyer, un Morgan Freeman molto più simile ad Albus Silente (gufo messaggero compreso) che all'incantatore del balletto, ma dotato del medesimo intuito per le capacità della ragazza (più tecniche e "maschili" rispetto all'originale, in linea con l'attuale modello di eroina) e per i suoi bisogni, diametralmente opposti dal balletto al film. Nel primo infatti è il bisogno di sublimare le pulsioni adolescenziali (il re dei topi che nottetempo vuole rapire Clara) nell'amore romantico (quello per lo Schiaccianoci, qui semplice aiutante di Klara, che tuttavia confessa di essere l'unico in tutti i Regni, come unico è il principe azzurro) che emancipa dalla famiglia di origine e dall'infanzia ; nel secondo è invece il bisogno della ragazza di scoprire sé stessa proprio attraverso la memoria materna per potersi ricongiungere al nucleo famigliare (il ballo finale è col padre, non con lo Schiaccianoci).
Lo strumento è un uovo fabergè ricevuto in eredità, che non contiene altro se non un carillon (con la melodia del ballo finale) e uno specchio, per mezzo del quale molti anni prima la defunta madre di Klara , riflettendosi e riconoscendosene capace, aveva letteralmente creato i Regni, dando vita a tutti i loro abitanti, immersi in un favoloso mondo di fiori, dolci, nevicate e divertimento. Mondo magico che non è quindi sogno "profano" di un'adolescente, ma è reale, creato da una sorta di dea non esente dai conflitti creatore-creatura, primo fra tutti la rabbia provocata dal senso di abbandono da parte del divino. In questo caso, poi, Dio è davvero morto, quindi Fata Confetto, una sfiziosissima Keira Knightley nel suo primo ruolo da "cattiva", ha le sue ragioni nel sentirsi frustrata e vendicativa verso Klara, "generata, non creata" dalla dea ormai defunta ma sempre viva nella memoria dei sudditi che ne celebrano le gesta in spettacolari balletti. A interpretarla in punta di scarpette è Misty Copeland, che danza leggiadra tra i fiori, i fiocchi di neve e i dolci, finché Madre Cicogna, sovrana del Regno del Divertimento, cerca di usurpare gli altri Regni rovinando il proprio e guastando l'atmosfera idilliaca.
La realtà è ben diversa e toccherà a Klara, aiutata dal fedele Schiaccianoci e dai topi(!), sventare i piani di Fata Confetto restituendo a Madre Cicogna il proprio ruolo a palazzo; ma se quest'ultima è innocente rimane un mistero la devastazione del suo Regno.
Allo stesso modo ci si domanda come gli abitanti dei Regni, che in origine erano i pupazzi della madre di Klara, possano continuare a esistere da giocattoli nel nostro mondo e contemporaneamente da persone nell'altro.
Ma quando scocca la mezzanotte di Natale, si sa, tutto è possibile.

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