Di tutto un po'......

sabato 21 settembre 2013

"Dante's description of narcolepsy":ma Dante non è Alice in Wonderland

Il mondo della critica letteraria a volte somiglia a una bancarella di abbigliamento al mercato: i pezzi più improbabili, per quanto scartati e semisepolti, finiscono sempre per tornarti fra le mani. Così ritroviamo nel trattato Dante's description of narcolepsy la discutibile teoria sostenuta a fine Ottocento da Puccianti e Lombroso(sì,ancora lui!),secondo cui il viaggio di Dante sarebbe rappresentato come "vero sogno e vero sonno"di un narcolettico.
Da critica dilettante, posso  consigliare all'autore del trattato di continuare a dedicarsi alla scienza, evitando inopportune incursioni in opere letterarie delle quali, chiaramente, ignora genesi, significati e a volte persino il corretto svolgimento della trama. Infatti qualunque liceale sa che Dante riporta il viaggio ultraterreno come realmente accaduto,e che proprio in questa natura di cronaca(non di sogno!)la Commedia trova la sua più completa realizzazione, secondo uno schema che risale addirittura al Poema sulla natura del presocratico Parmenide.
Il "sonno" di Dante all'inizio dell'opera è allusione al peccato,talmente consolidata nella tradizione scritturale (cfr. Rom.,XIII,11 ; Ephes., V,14) da rendere superflua una spiegazione sulla causa della sonnolenza;omissione che nel trattato è addotta come indizio di straniamento onirico.
Stesso discorso per il presunto "risveglio" finale, arbitrariamente dedotto dalla frase di S.Bernardo in Paradiso,XXXII, 139-141. In realtà "il tempo....che t'assonna"non è il tempo del sonno, bensì il tempo "assegnato alla contemplazione dei più alti misteri divini,per i quali occorre la totale astrazione dei sensi e l'uomo rimane quindi come dormiente" (Barbi, Probl., I, 294-95); interpretazione confermata dalle parole di S. Agostino a proposito del ratto di S. Paolo ("...quasi dormiens vigilaret...").
Quanto alle rapide transizioni dalla veglia al sogno,frequenti nel personaggio Dante e addotte come ulteriore sintomo di narcolessia, non appaiono condizionate da un'incoerenza patologica,ma seguono precisi schemi organizzativi. Ad esempio l'aquila fiammeggiante che ghermisce il poeta addormentato nel canto IX del Purgatorio corrisponde a un effettivo spostamento di scena il quale, se descritto realisticamente, rischierebbe di appesantire l'agilità narrativa. Stesso discorso per il sogno della "femmina balba" (Purgatorio, canto XIX): se inserite come personaggi reali, le figure allegoriche rappresentate costituirebbero l'ennesimo,forse eccessivo,espediente  "teatrale" all'interno di una cantica già ricca di incontri inaspettati (ad es.Matelda) e sacre rappresentazioni (la complessa allegoria del carro).
D'altra parte, sogni e visioni costituiscono fin dall'antichità (il sogno di Nausicaa,ecc..) un'irrinunciabile cifra stilistica della letteratura sacra;e alla letteratura sacra (più che a quella cortese) si riallaccia Dante nella Vita Nova,citata a sproposito in Dante's description of narcolepsy nel tentativo di addebitare un "precedente clinico" all'Autore. La Beatrice della Vita Nova si muove ancora sulla terra, ma di fatto è già donna-angelo,o meglio umbra futurorum della stupenda creatura celeste che sarà nella Divina Commedia ;pertanto le modalità stilistiche con cui Dante si rapporta all'amata hanno forte connotazione relegiosa,a iniziare dalla simbologia numerica centrata sul numero tre e il suo multiplo nove. Il poeta incontra per la prima volta Beatrice a nove anni, dopo altri nove la rivede, e all'ora nona (all'incirca le 15) sperimenta l'effetto beatificante del suo saluto,a cui segue uno degli episodi di sonno a seguito di emozioni osservati dal nostro studioso,il quale, evidentemente ignaro di tutto ciò,ne denuncia il manifestarsi anche in orari non adibiti al riposo!!
Medesima ignoranza è dimostrata verso la letteratura cortese,dato che fra gli esempi degli episodi di debolezza muscolare che affliggerebbero Dante viene citata proprio la celebre chiusa del V canto dell' Inferno :"E caddi come corpo morto cade", fin troppo evidente calco dello stile cortese che impronta l'intera vicenda di Paolo e Francesca,vittime, come gli amanti della Tavola Rotonda (anche Tristano cade svenuto),del mito dell'amor heroicus ,destinato a soccombere (cadere appunto) di fronte a un più elevato stile e sentire.
Finezza metaletteraria nota anche ai neofiti danteschi, che tuttavia l'autore in questione non poteva certo indovinare, se afferma l'assenza di sonno ed emozioni da ogni topos letterario medioevale, limitandosi alla conoscenza dell'insonnia amorosa.
Topos,quello dell'insonnia, quanto mai appropriato: dopo la "perizia psicologica" non autorizzata, qualche tiratina di piedi notturna dall'Alighieri se la meriterebbe proprio...

                                                          

                            

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